sabato 2 marzo 2013

White Cliffs of Arequipa


Da Paracas ci siamo imbarcati in un lungo viaggio notturno in autobus che ci ha portato fino ad Arequipa, la splendida capitale della regione meridionale del Perù.

Arequipa è chiamata la ciudad blanca de Americas, e la ragione abbiamo cominciato a scoprirla ancor prima di arrivare a destinazione, quando dai finestrini del nostro bus abbiamo incrociato per chilometri e chilometri delle enormi cave dove si estrae il sillar, la bianchissima pietra vulcanica con cui sono costruiti la maggior parte degli edifici coloniali della città.

Mines of sillar, Arequipa - click on the picture to see the entire photogallery


E di sicuro la produzione dev'essere fiorente, a giudicare dalla maestosità dei vulcani che attorniano la città. Il Chachani, il Misti e il Pichu Pichu cingono infatti Arequipa in una stretta di stupefacente bellezza e mortale pericolo, come lo dimostrano le numerose eruzioni che hanno completamente raso al suolo la città nel corso dei secoli.

Fondata nel 1540 da Francisco Pizarro con il nome di Nuestra Senora de la Asuncion, la città ha in seguito ripreso il nome inca che possedeva prima che gli spagnoli le dessero l'aspetto odierno. Sembra infatti che quando il re inca Manco Capac passò per la prima volta per queste fertili terre, esclamò in quechua "Ari, quipay!", ovvero "fermiamoci qui", e così fu.

Il nostro ospite ad Arequipa è stato David, che ci ha accolto nel suo appartamento dissestato alla periferia della città mentre boccheggiavamo alla ricerca di un posto dove sistemarci.
Nella settimana che abbiamo passato in città, abbiamo apprezzato le bellezze architettoniche e il solido sviluppo economico del secondo centro industriale del Paese, così diverso dal nulla desertico di Paracas.

Whiteness in Arequipa: on the background, the San Francisco church - click on the picture to see the entire photogallery

Tra le visite più significative, quelle alle chiese della città. Completamente bianche fuori, e decorate in stile mestizo, ovvero un misto di barocco europeo e arte indigena, le chiese di Arequipa contengono all'interno impressionanti pitture dai lussureggianti motivi amazzonici, con pappagalli, tigri, fiori coloratissimi e scene di caccia... cose che non si trovano nelle classiche cattedrali vaticane, insomma!

Altra esperienza splendida è stata la camminata fino al mirador di Yanahuara, ai confini occidentali della città. Lassù, degli archi in sillar accolgono il visitatore con la lungimirante iscrizione: "Vive libre y feliz lo que vive preferendo ser libre a su pan" :D
Siamo saliti sul tetto della chiesetta di quartiere corrompendo il vecchissimo custode, appurando in prima persona che Arequipa è davvero 'la città bianca'!

Ma la cosa che ci ha impressionato di più durante l'intero soggiorno è stata senz'altro la passeggiata notturna all'interno del Monasterio de Santa Catalina, un gigantesco complesso che occupa buona parte del centro cittadino. Il monastero ospita dal 1579 delle suore domenicane di clausura, che conducono tutto sommato una vita piuttosto gradevole, giacché dispongono di celle personali, grandi giardini fioriti, forni e lavanderie e circa 20000 metri quadrati di spazio dove passeggiare, pregare e cantare. Il monastero, in passato sede di intrighi politici e oscure depravazioni amorose, è stato oggi riconvertito in sito turistico, e solo una ventina di monache vivono ancora in una zona segregata e inaccessibile al pubblico.

The novices' garden, Monasterio de Santa Catelina (Arequipa) - click on the picture to see the entire photogallery

Tuttavia, l'aria che si respira camminando per le sue viuzze di notte è veramente mistica. Le altissime mure intonacate isolano il convento dagli incessanti rumori e schiamazzi che contraddistinguono il resto della città di Arequipa, che come tutto il Sudamerica non dorme mai. La musica che diffonde inni al Cielo e al Creatore stimola la riflessione e i panorami dall'alto dei tetti hanno provocato un tuffo di dolcezza anche ai nostri cuori profani.

Da Arequipa abbiamo effettuato il primo trekking della nostra avventura sudamericana, nel relativamente vicino Canyon del Colca. E di questo tratterà il nostro prossimo post...

1 commento:

  1. graziella palleschi4 marzo 2013 alle ore 01:27

    Queste immagini ci danno l'idea di come è profondamente diversa questa terra sudamericana dalla nostra: qui si è ancora in un mondo a misura d'uomo, gli echi del passato si intrecciano a quelli del presente in un unicum armonico. Che bello il convento e l'atmosfera spirituale che avvolge anche i posti intorno, mi ricorda un pò quella della turchia,pervasa dai canti dei muezzin!

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