giovedì 17 ottobre 2013

High High High


Siamo infine arrivati a La Paz!

Pur non essendo ufficialmente la capitale della Bolivia, come avevamo scoperto quando ci siamo recati a Sucre, La Paz è certamente il centro vitale del Paese andino. Qui si ammassa la popolazione ritiratasi dalle montagne o dalla foresta amazzonica, inseguendo la chimera di un'occupazione dignitosa. Qui si sono concentrati negli anni le più virulente ribellioni sociali dei campesinos indigenas contro i politicanti bianchi e esterofili che hanno venduto poco a poco le risorse di Bolivia al capitale straniero. Qui, soprattutto, l'etnia predominante tra gli autoctoni è da sempre quella aymara su quella quechua, e si distingue per quel carattere indomito, aggressivo, fiero ed istintuale rintracciabile in numerosi degli avvenimenti storici di cui il popolo di questa grande città è stato protagonista.

Il nostro arrivo a La Paz è stato allo stesso tempo terribile e spettacolare. Il paesaggio che ci ha accolto alle cinque del mattino, con il gelo dei 4000 metri di altitudine della città che si faceva sentire attraverso i finestrini del nostro autobus notturno; il sole che si levava lentamente sulle baracche del quartiere popolare di El Alto, dove i commercianti intirizziti cominciavano una nuova giornata di fatica e orgoglio; il gigantesco ed innevato vulcano Illimani che con i suoi 6450 metri si stagliava come il vero guardiano della città hanno rappresentato delle visioni talmente diverse da quelle cui siamo abituati in Europa da mozzarci letteralmente il fiato.
Purtroppo il freddo ed il cambio repentino di altitudine - siamo infatti passati in poche ore dai 2500 m di Cochabamba alle altezze vertiginose della città della Pace  - hanno avuto un impatto severo sui nostri fisici pur abituati, e cosi' abbiamo passato i primi 3 giorni di permanenza in città chiusi in un ostello del centro, spossati ed infebbrati.

Quando siamo riemersi dal torpore ci siamo rimboccati la maniche e abbiamo percorso in lungo e in largo il centro di La Paz - operazione piuttosto faticosa perché la città é letteralmente abbarbicata sulle pendici delle Ande e i dislivelli tra le varie zone e quartieri sono piuttosto impressionanti.. per non parlare della difficoltà che si fa a respirare in condizioni di aria cosi' rarefatta !
La città possiede molti musei interessanti, almeno una chiesa di straordinaria bellezza - il convento di San Francesco situato sulla piazza principale, che stravince il confronto con la Cattedrale - e diversi edifici coloniali dall'architettura austera. Sono stati pero' piuttosto alcuni dettagli della vita quotidiana di La Paz che ci hanno affascinato e sorpreso durante il nostro soggiorno.

Alcuni film consigliatici da amici couchsurfers in loco ci hanno permesso di scoprire alcuni aspetti della vita della città che poi abbiamo puntualmente ritrovato nei vicoli e nelle piazze. Tre pellicole su tutte: "Our brand is crisis" è un fantastico documentario vincitore di premi internazionali (disponibile qui in streaming)  che narra come un ricco uomo d'affari americano che aveva già ricoperto in modo fallimentare la carica di Presidente della Bolivia all'inizio degli anni '90 sia riuscito a farsi rieleggere presidente nel 2002 grazie a una campagna di manipolazione mediatica orchestrata dai suoi esperti di marketing statunitensi ed israeliani. Il film si apre e si chiude con gli scontri urbani nelle vie centrali di  che costarono la vita a decine di manifestanti, ma portarono infine alle dimissioni del presidente-fantoccio Goni Sanchez.

Altro film interessante per carpire un aspetto peculiare della vita quotidiana di La Paz è "Pacha", che tratta della diffusissima figura del lustrabotas, o pulitore di scarpe. I lustrabotas sono comuni in tutto il Sudamerica andino, ma a La Paz il mestiere é declinato con uno spirito particolare. Qui i lustrascarpe indossano un curioso copricapo che nasconde loro tutto il viso, lasciando scoperti solo gli occhi. Il significato di quest'abbigliamento é variamente interpretato secondo la leggenda a quale si sia disposti a credere. C'è chi dice che i lustrabotas si nascondano perché l'onta di essere riconosciuti mentre si è intenti a praticare un mestiere tanto umile é impossibile da accettare per i giovani aymara; chi afferma invece che i lustrascarpe sono in gran parte ex-delinquenti che cercano di rifarsi una vita senza essere identificati per ciò che sono stati in passato; i meno romantici sostengono invece che il copricapo serva semplicemente per proteggere chi lo indossa dal sole accecante e dall'inquinamento cittadino. Quale che sia l'origine dell'usanza, il film segue le disavventure di un piccolo lustrascarpe cui vengono rubati gli attrezzi del mestiere, e con essi qualsiasi speranza di sopravvivere. Si ritroverà al centro di importanti rivolte sociali e riscoprirà l'antica saggezza mistica andina - un film da vedere anche perché una parte è ambientata nel fantastico Deserto del Sale di Uyuni !


A lustrabota at work on the streets of La Paz - click on the picture to see the entire photogallery

La terza pellicola é il "Cimitero degli Elefanti" (disponibile qui in streaming), che tratta alcune delle piaghe sociali più terribili per il popolo boliviano e paceño in particolare: l'alcolismo, la solitudine e la criminalità come unica via effimera e temporanea per sbarcare il lunario. Il titolo del film si riferisce ad un fatto di cronaca uscito sui giornali di La Paz qualche anno fa: la polizia aveva scoperto e smantellato almeno 4 'cimiteri degli elefanti', ovvero dei tetri albergacci illegali dove desperados, falliti e malavitosi si rinchiudevano in volontario esilio con una scorta infinita di tragos, bevande a forte gradazione alcolica, che trangugiavano per dimenticare la propria miserabile esistenza fino all'incoscienza e spesso alla morte. Il "Cimitero degli Elefanti" è interessante anche per la descrizione del mondo criminale boliviano e paceno in particolare, che comprende rapine ai tassisti durante le corse notturne - è capitato persino a noi che alcuni guidatori si rifiutassero di portarci in alcuni quartieri per paura di essere assaliti! -, sequestri lampo di persone a scopo di estorsione e, soprattutto, la folle usanza di procurare dei "sacrifici umani" a novelli imprenditori superstizioni. Quest'usanza, di cui avevamo già sentito parlare al Mercato delle Streghe di Cochabamba, trae le sue origini da credenze preincaiche che spingevano a sacrificare un animale ed interrarlo nelle fondamenta dell'esercizio commerciale che si intendeva aprire come talismano di buona sorte. Ovviamente, più l'animale era importante e caro - come ad esempio il ricercatissimo feto di lama - più il beneficio sarebbe stato potente. Così, in tempi recenti si è sviluppata una tetra caccia al sacrificio umano, con criminali senza scrupoli che setacciano le periferie della città in cerca di poveri diavoli da ridurre all'incoscienza con l'alcool, per poterli poi interrare ancora vivi nel cemento delle fondamenta degli edifici. Tutto ciò sembra impossibile ma è tragicamente vero, e nel film è raccontato accorata precisione, senza tuttavia cadute nella pornografia della violenza.

Al di là della dura realtà che abbiamo appreso nei film ed in parte ritrovato in città, il nostro soggiorno a La Paz è stato marchiato da altri due eventi cui abbiamo presenziato in città. Il primo è stato la Giornata del Mare, un tipico esempio del surrealismo dei boliviani e del loro ostinato orgoglio che li porta spesso a superare ogni difficoltà ed alcune volte, al contrario, semplicemente a rendersi ridicoli. 
Un bel giorno di sole stavamo camminando per la Plaza Central di La Paz quando veniamo attirati dalla musica di una banda militare e ci accorgiamo della presenza di alcuni stand informativi che decidiamo di visitare. Ci rendiamo allora conto che la manifestazione ha il patrocinio dello Stato e prevede un pomposo spiegamento delle forze della Marina Militare, che vestendo le uniformi migliori narrano ai passanti le glorie passate e il grado di sviluppo tecnologico dei nuovi sottomarini dell'Esercito. Tutto ciò ci avrebbe lasciato completamente indifferenti, considerata la nostra comune avversione per i militari e le forze dell'ordine costituito e per tutte le manifestazioni a queste collegate, se non fosse per un piccolo dettaglio che ha colpito la nostra attenzione... la Bolivia non si affaccia sul mare!!
Quello dell'accesso al mare è un tema annoso, di cui ci siamo trovati a discutere tante volte nel corso del nostro soggiorno nel paese con gente locale, altri sudamericani e viaggiatori europei come noi. La questione è legata a un attacco a sorpresa che il Cile portò alla Bolivia nel 1879 privandola di fatto di quella striscia di terra attorno ad Antofagasta che permetteva uno sbocco sul Pacifico allo stato andino. La privazione del mare con il suo significato commerciale e simbolico, insieme all' "infamia" dell'attacco a sorpresa non avvenuto all'interno di una guerra dichiarata, più l'attuale conflitto politico che oppone la Bolivia socialista e populista di Morales al Cile liberista e filoamericano di Pineda hanno fatto degenerare il contenzioso ai grotteschi livelli odierni. Così, i tazebao sulla piazza incitavano all'odio nei confronti del nemico cileno e ricordavano come il presidente boliviano abbia inoltrato un ricorso al Tribunale Internazionale dell'Aia - addirittura !! - per ottenere d'ufficio la restituzione del mare. Per saperne di più, abbiamo posto una domanda semplice ai marinai in divisa che stazionavano serissimi sulla piazza, ovvero abbiamo chiesto loro come facessero i soldati boliviani  per compiere le esercitazioni militari necessarie alla formazione delle reclute e al testaggio dei nuovi mezzi. Questa domanda ci è quasi costata l'arresto! I marinai ci hanno preso per sobillatori e trattenuto a lungo per verificare le nostre intenzioni. Infine, appurato che la nostra era pura curiosità, ci hanno risposto, duri e impassibili: "Ci immergiamo nel lago Titicaca"... !

L'altro episodio particolare cui abbiamo avuto modo di assistere a La Paz è stata la partita di calcio tra Bolivia e Argentina valevole per le qualificazioni al Campionato Mondiale di Brasile 2014. E' stata veramente un'esperienza fantastica, per noi e per tutti i tifosi accorsi allo stadio Hernando Siles quel giorno. In effetti la Bolivia, ultimissima in classifica, non aveva più alcuna possibilità di qualificarsi, ma la partita era l'occasione per vedere all'opera dal vivo Lionel Messi, considerato da tutti i boliviani alla stregua della reincarnazione dell'Inca Parachutec. Inoltre l'Argentina ha un'umiliante tradizione negativa negli scontri giocati in altitudine a La Paz, tanto che l'incontro precedente era terminato con un roboante 4-0 per i biancoverdi padroni di casa.
La partita è stata piuttosto bruttina, con la Bolivia tecnicamente incapace di fare gioco e l'albiceleste sulle gambe e senza fiato per le avverse condizioni ambientali. Messi ha offerto una prestazione insulsa, passando la metà del tempo piegato sulle ginocchia a cercare di riprendere fiato e sbagliando un facilissimo gol da solo di fronte alla porta. Nell'intervista a fine partita confesserà di aver vomitato nell'intervallo per il soroche, il mal d'altitudine !
Ma ben più dell'1-1 finale prodotto da due colpacci di testa, assistere alla partita è stata l'occasione per ritrovarsi in un contesto molto particolare, con lo scenario delle Ande tutto intorno allo stadio e la colorata coreografia dei correttissimi tifosi boliviani sugli spalti. Veramente un bel pomeriggio di sport e folklore!

Non potevamo lasciare La Paz senza prima visitare la sua anima più ribelle e proletaria, ovvero il borgo periferico di El Alto ormai estesosi a vera e propria città per il vertiginoso aumento demografico in corso. Con i suoi 4800 metri di altitudine El Alto si staglia fieramente su La Paz e si arrampica con tenacia sui picchi andini circostanti. Qui la popolazione è quasi integralmente di origini indigene e le abitazioni sono state edificate in pietra solo a partire dagli ultimi decenni. Qui i prezzi sono inferiori della metà rispetto a quelli di La Paz - il che significa letteralmente che la vita non costa nulla. Qui, la domenica si svolge il più grande mercato all'aria aperta dell'America latina, quando la popolazione indigena della regione invade tutte le strade polverose di El Alto per dar vita a bancarelle improvvisate che vendono ogni genere di ammennicolo e vivanda. Siamo restati dalla mattina al pomeriggio nel mercato, affascinati dalle compravendite di lacci, polli, motori meccanici, fascicoli sulla Pentecoste, rimedi contro l'impotenza, leggins fluorescenti, gel per capelli, succhi di frutti impossibili, anelli fatti con diamanti delle miniere e pettini di peli umani!

a luchadora campesina is getting beaten up by some wannabe-Dalmatian - click on the picture to see the entire photogallery

Quando già calava la sera, ci siamo imbattuti in un tendonep/palazzetto dello sport che recitava all'esterno "Oggi grande spettacolo internazionale di wrestling tra campesinas - NON MANCATE !" Di fronte a tale entusiastico invito non potevamo tirarci indietro, così siamo entrati e abbiamo assistito allo spettacolo più delirante, razzista, volgare e divertente del nostro viaggio. Essenzialmente i luchadores boliviani, come tutti i wrestler, sono dei pagliacci muscolosi che si prendono per scherzo a sganassoni aizzando la folla a schernirli o parteggiare per loro. Nel caso delle campesinas lottatrici, i muscoli sono sostituiti dagli abiti tradizionali delle donne boliviane, con effetti se possibile ancora più comici e parossistici. Inoltre, per non farsi mancare niente, lo spettacolo comprendeva anche un'esibizione di un nano truccato da pierrot che si scontrava contro un gigante che ne disponeva a suo piacimento, facendo spruzzare gettiti di succo di pomodoro dal viso del malcapitato avversario. Tutto ciò sarebbe stato semplicemente divertente, se non fosse stato per il pubblico che assisteva con noi all'evento e che si è dimostrato a dir poco inadeguato.  Tutti gli stranieri presenti - compresi noi - erano infatti seduti nelle prime file, secondo una gerarchia economica e razziale che deve far amaramente riflettere sui lasciti anche inconsapevoli della mentalità coloniale, e potevano godere dello spettacolo da vicino. Se da un lato l'interazione tra pubblico e attori/atleti è una parte imprescindibile dello spettacolo, dall'altro abbiamo dovuto costatare l'inciviltà di alcuni gruppi di turisti israeliani che si sono messi letteralmente a tu per tu con i wrestler, lanciando loro bottiglie d'acqua e vivande, insultandoli in inglese ed ebraico ed irridendo il nano secondo uno spartito che ci ha ricordato più il pubblico di quei circhi di freaks del XIX° secolo che una platea di ragazzi viaggiatori nel mondo globalizzato di oggi. Questi individui hanno esasperato a tal punto l'atmosfera che i wrestler stessi si sono dovuti fermare e la sicurezza ha scortato fuori alcuni degli scalmanati per permettere la conclusione della lotta.
Divertiti dallo spettacolo e dall'autoironia dei suoi protagonisti ma un po' delusi e interdetti dal comportamento degli spettatori abbiamo così concluso la nostra giornata a El Alto, tornando di notte a La Paz per partire di nuovo verso altre avventure...