domenica 24 febbraio 2013

Songs of Desert, Ocean, Salt and Wind


La seconda tappa del nostro viaggio è stata Paracas, un piccolo villaggio di pescatori stretto tra il deserto e l'oceano, a 261 chilometri da Lima.
Siamo rimasti cinque giorni ospiti di Jose, un poliedrico buontempone che è al contempo guida turistica, cuoco professionista, scroccone patentato, ballerino di salsa e benefattore della sua comunità (nelle foto è il tizio che cucina con la maglietta rossa). Ci ha offerto un'ospitalità eccellente nella baracca di lamiera che ha costruito con il fratello Umberto a El Chaco, il raggruppamento urbano sorto nel deserto appena dietro la striscia di terra fertile e turistica che costituisce il porto vero e proprio.

Jose, che sta allestendo una ONG per dare un'educazione ai troppi ragazzi della zona che abbandonano prestissimo la scuola per andare a lavorare, ci ha spiegato un po' la storia del villaggio di Paracas. Un tempo culla della civiltà preincaica dei Paracas, il piccolo pueblo ha ricoperto un ruolo importante nella storia dell'indipendenza del Perù dagli Spagnoli, poiché il liberatore José de San Martin (di origini argentine), fido di Simon Bolivar, sbarcò in questo porto nel 1820 dando il via alla fase conclusiva della lotta libertaria che si sarebbe conclusa il 6 agosto 1825 con la firma della dichiarazione d'indipendenza del Paese.

Più recentemente, Paracas ha raggiunto l'eco mediatica per un evento assai più sventurato. Nel 2007 infatti, un terribile terremoto si abbatté nella vicina zona, e le due città maggiori della regione, Pisco e Ica, furono praticamente rasate al suolo (più del 70% degli edifici furono distrutti dalla scossa). Come dice questo articolo d'epoca, più di 500 furono le vittime e gli sfollati non si contarono. Per ovviare al problema dei terremotati, il governo peruviano pensò di incentivare il popolamento di Paracas, che offriva buone prospettive economiche grazie all'industria del turismo in via di sviluppo.

E' così che è nato El Chaco, la località dove abbiamo soggiornato noi. L'atmosfera è straniante, perché tutte le abitazioni non sono altro che degli ammassi di lamiere. Eppure, come ce lo ha spiegato Jose, la povertà delle infrastrutture non è indice diretto della povertà della popolazione. Al contrario, il turismo è fiorente grazie alla Riserva Nazionale che ospita le Isole Ballestas, che ospitano ogni anno sempre più turisti.
Durante la nostra permanenza abbiamo vissuto tutto il paradosso insito in questa situazione: da una parte, gli abitanti non hanno un tetto sopra la testa e vivono il dramma dell'acqua razionata, che arriva per mezzo di enormi cisterne due volte alla settimana; dall'altra, gli abitanti hanno un tenore di vita e di spesa più elevato di quello di molti abitanti delle grandi città, come abbiamo appurato uscendo la sera con Jose e i suoi amici.

A man carrying water to his house, El Chaco (Paracas) - click on the picture to see the entire photogallery

Nei giorni passati a Paracas abbiamo fatto la bella vitaSole a picco, marefrutta fresca, serate con musica reggae, cene a base di ceviche (pesce crudo in salsa di limone, una delizia peruviana) cucinate da Jose. Insieme a noi, nella baracca di Jose, era ospitata anche una comunità di fricchettoni pazzeschi (della serie "non chiedermi di che nazionalità sono, ma solo il luogo dove sono nato, perché tutti noi siamo cittadini del mondo" e altre amenità del genere) che viaggiano il mondo senza documenti e senza meta (ma con un'adorabile bimba bionda al seguito, figlia non si sa bene di chi) vendendo perline e braccialetti ai turisti.
Dopo un mio chiaro scetticismo iniziale, derivato in gran parte da quella scena di "Un sacco bello" in cui Verdone dice "carciofi, insalata, fagioli, piselli...." abbiamo familiarizzato con i ragazzi, che in realtà erano molto fichi, sebbene fossero più restii degli arcobaleni a farsi fotografare. Roberio, il capo spirituale della comunità, ci ha anche edotto al rituale che vuole che per ogni brindisi che effettui in terra incaica, il primo goccio venga versato in terra come tributo alla Pacha Mama, la Madre Terra... Pace, fratello!


Durante il nostro soggiorno da Jose abbiamo anche fatto una bella escursione alle Isole Ballestas (Balestra), pubblicizzate come "le Galapagos peruviane" dai dépliants locali. A noi son parse piuttosto le Galapagos dei poveri, ma abbiamo passato comunque una bella giornata tra leoni marinipinguiniuccellacci e uccellini, rispettivo guano annesso, e soprattutto enigmatiche figure sulla sabbia create dalla civiltà Paracas.

Sealions chilling out in the sun at the Islas Ballestas - click on the picture to see the entire  photogallery

In foto rendevano molto poco l'idea, dunque abbiamo scelto solo l'immagine del "Candelabrio", un immenso manufatto di 183 metri e 5000 anni di età che si staglia sulla spiaggia della costa e che, nonostante gli affanni degli archeologi, nessuno ha la minima idea di cosa rappresenti.

Infine, nel lasciare Paracas abbiamo deciso di fare una deviazione in pieno deserto, presso l'oasi di Huacachina. Questa località lussureggiante tra le dune aride, che si dice sia stata creata dal pianto di una sirena, ci ha permesso anche di scoprire l'esistenza (e anche la dolorosità, soprattutto per quel che mi riguarda!) del sandboarding, ovvero uno snowboarding fatto sulla sabbia. Per raggiungere i punti ideali per praticarlo, abbiamo sperimentato l'adrenalina di correre sulle dune di sabbia con un trabiccolo attrezzato apposta, guidato da un ragazzo spericolato al punto da farci divertire sul serio.

Mad ol' dunebuggy carrying us to the point-of-no-return, Huacachina - click on the picture  to see the entire photogallery

Angélique si è dimostrata una sandboarder eccellente, suscitando la viva ammirazione di tutti i presenti. Quanto a me, non posteremo per eccesso di ignominia il video in presa diretta della rovinosa caduta con cui ho rischiato di rompermi ogni osso e di mettere prematuramente fine al nostro viaggio. Basti al lettore la frase che mi ha riservato il nostro accompagnatore una volta recuperatomi con il cucchiaino: "Bello mio, di certo devi essere un gatto per essere sopravvissuto a quel botto. Ad ogni modo, ora ti restano solo 6 vite"....


Angélique annihilates Tommi on the board. Again and again... (English)

Tappa successiva Arequipa, la "città bianca" !

martedì 5 febbraio 2013

Living Colours


Martedì 22 gennaio abbiamo lasciato la capitale del Perù per recarci più a sud, lungo la costa.

Quello che ci è restato negli occhi mentre salivamo sul tecnologico pullman che ci avrebbe condotto a destinazione sono i colori variegati delle cose di Lima: dai mezzi di trasporto, agli edifici, alle immagini sui giornali, agli abiti tradizionali della gente in festa per l'anniversario della città.

Il nostro primo approccio con il Sudamerica si è dunque realizzato principalmente per contatto visivo, poiché la cultura dei popoli di questa parte del mondo passa anche attraverso a un diverso concetto di estetica.

Some tone on tone in the streets of Lima - click on the picture to see the entire photogallery


Il blu dei palazzi coloniali e il rosso della bandiera nazionale dipinta ovunque; l'arcobaleno delle magliette da calcio e le righe mescolate con i quadri sulle cravatte dei uomini d'affari; i neon fluorescenti delle pubblicità di bibite e il grigio argilloso e scalcinato delle scritte 'vendesi' sui muri di molti tuguri della città. E' un insieme che contribuisce al senso di straniamento che ci ha colpito nel comparare questa gigantesca metropoli latina alle grandi capitali europee.

Partiamo con la consapevolezza di non averla conosciuta per niente, ma con la speranza di averci almeno capito qualcosa.