lunedì 22 aprile 2013

Uncle Salty


Salutati i colori e gli eccessi di Oruro, ci siamo diretti a sud per visitare una delle attrattive più impressionanti della Bolivia, il gigantesco Deserto di Sale di Uyuni.

Prima di descrivere l'avventura nel deserto però, una menzione dev'essere fatta allo straordinario viaggio in treno che abbiamo vissuto tra Oruro e Uyuni.
Il servizio pubblico ferroviario in Bolivia, così come nel resto di quasi tutto il Sudamerica, è stato pressoché cancellato negli ultimi 30-40 anni per via dell'insostenibile competizione delle compagnie private di autobus - che offrono un servizio relativamente affidabile e pazzamente economico - e della gestione inetta e corrotta dei suoi amministratori. Tuttavia esistono ancora poche tratte specifiche che, essendo utilizzate tutt'ora per il trasporto merci, offrono l'opzione del trasporto passeggeri. Una di queste è proprio la Oruro-Uyuni-Villazon, utilizzata per spostare le enormi quantità di sale e di litio che dal Deserto di Uyuni vengono smistate in tutte le zone del Paese andino.

Majestic Expreso del Sur ruinning south through the Bolivian Altiplano - click on the picture to see the entire photogallery

Questa linea passa proprio in mezzo all'Altipiano boliviano offrendo al viaggiatore delle vedute mozzafiato. Il tramonto nella conca dell'Altipiano, con le maestose cime andine innevate che punteggiano l'orizzonte, da solo basterebbe a fornire un imponente spettacolo naturale, ma a questo si aggiunge anche la presenza di tanti animali allo stato brado, fenicotteri, alpaca, cicogne, condor, lama e altri tipi di uccelli che non siamo riusciti a identificare né a fotografare. Non sono mancate nemmeno scene tragicomiche passateci davanti agli occhi durante il tragitto, come le numerose vetture colte dalle piogge torrenziali durante il loro cammino, e che giacevano bloccate e impantate - forse da parecchi giorni - nel bel mezzo del nulla.

L'impatto con Uyuni è stato secco e brutale, come si addice alle città di frontiera. L'arrivo notturno in questo piccolo centro polveroso e spazzato dai venti glaciali è stato il preludio a un soggiorno scomodo e memorabile. La cittadina di per sé è orribile, popolata com'è da orde di cani randagi, cimiteri di spazzatura bruciata e gruppi sparuti di uomini e donne arcigni e introversi, forgiati dal sale e dai cactus.
Non troverete foto di Uyuni in quest'articolo, perché non c'era proprio nulla da fotografare in città.
Ciò detto, il nostro soggiorno qui è stato più lungo di quanto avremmo pensato.

Il nostro ospite, Israel, ci aveva messo in guardia sin dalla prima sera che il periodo del nostro arrivo non era propizio per visitare il Deserto di Sale, e questo per due ragioni fondamentali. In primo luogo la pioggia, che caduta in modo torrenziale nelle settimane precedenti rendeva a quanto pare impraticabili molte delle vie d'accesso al deserto. In subordine, perché si celebrava in quei giorni anche ad Uyuni il Carnevale, e gli autisti/guide delle agenzie si sarebbero dati alla baldoria riducendo considerevolmente l'offerta turistica nei giorni successivi.
E così abbiamo dovuto aspettare quattro giorni prima di avere la possibilità di strappare un prezzo ragionevole a un'agenzia e di assicurarci che il nostro autista non fosse completamente ubriaco... ma ne è valsa la pena !!!

Siamo così partiti per una tre-giorni in una jeep 4x4 che conteneva noi due, l'autista, una coppia franco-brasiliana e due couchsurfers che avevamo conosciuto a Oruro, e che abbiamo reincontrato casualmente a Uyuni - Dennis e Juanita.
In realtà, dei tre giorni che è durato il tour solo il primo è stato dedicato al Deserto di Sale, perché le piogge cadute in precedenza e che mettevano a repentaglio l'efficienza del motore della jeep non ci hanno consentito di fermarci troppo a lungo in questa immensa distesa bianca. E' stata però un'esperienza indimenticabile. 

One of the most reliable transports to get into the Uyuni Salt Flat:  a cheap bike - click on the picture to see the entire photogallery

Infatti la pioggia depositatasi sul suolo aveva formato una crosta d'acqua che rifletteva il cielo blu creando dei giochi di luce pazzeschi. Abbiamo quindi passato un pomeriggio intero a rincorrerci, farci stordire dal sole, ballare e guardare i lavoratori che raccoglievano un po' di quelle 25 mila tonnellate annuali di sale che si estraggono dal deserto, che misura la stratosferica cifra di 12000 km quadrati (metà Belgio, per intenderci).

Una volta abbandonato il deserto e le sue rare costruzioni edificate interamente con il sale, ci siamo spinti in jeep più a sud, dove nel corso dei due giorni seguenti siamo passati attraverso così tanti paesaggi e climi differenti che richiamarli tutti alla memoria risulta sinceramente difficile.
Tra i ricordi più magici c'è senz'altro la Laguna Colorada, un grande specchio d'acqua reso rosso fuoco dalle alghe che lo popolano, e abitato da ben tre specie di fenicotteri stanziali diversi, il James, l'andino e il cileno. Anche la Laguna Bianca, con l'imponente ghiacciaio Licancabur che si staglia sulle sue acque, ha costituito una tappa impressionante nel viaggio, mentre il Deserto di Pietra, costituito da strane formazioni rocciose che si inerpicano verso il cielo e sulle quali ci siamo arrampicati con l'entusiasmo di ragazzini, sono quanto di più simile ad uno scenario da Far West ci sia capitato di vedere in vita nostra - non a caso Butch Cassidy e Sundance Kid vennero qui a rifugiarsi durante la loro ultima fuga, poco prima di essere abbattuti a Tupiza !

Laguna Colorada, or dear-Monet-you-couldn't-do-it-better - click on the picture to see the entire photogallery

All'alba dell'ultimo giorno ci siamo avventurati nella zona spettrale dei geyser, dove dei fluidi ribollenti nel suolo formano inquietanti crateri lunari e producono sbuffi di fumo che s'innalzano fino al cielo. Per finire, rientrando nella provincia di Uyuni siamo passati per il cimitero dei treni, un romantico spiazzo dove moltissime locomotive abbandonate giacciono su binari morti al centro del deserto che non portano più da nessuna parte, aspettando all'infinito che un capostazione li smisti chissà dove..

Così abbiamo terminato il circuito sud-occidentale della Bolivia, che in tre giorni ci ha portato a percorrere più di mille chilometri in jeep, e ci ha messo alla prova con le sue notti gelate in ostelli senza elettricità e le sue infinite giornate di sole a picco sulla testa. Non è stato facile, e soprattutto Angie ha sofferto gli effetti del soroche, il famoso mal d'altitudine che ci ha colpito durante questo tour ad alta quota (altezza media: 4700 mslm !!!).
Tuttavia la grandiosità dei paesaggi ammirati  il silenzio degli spazi immensi hanno ripagato tutta la fatica e lo sforzo necessari a compiere l'impresa !

Ad ogni buon conto,  la prossima tappa è la città di Sucre, situata quasi a duemila metri più in basso, dove il clima più clemente gioverà senz'altro alla nostra salute.

Sturm und drang at the Salar de Uyuni - video spoken in a pretty trembling Engish

giovedì 4 aprile 2013

The Mask


Da Arequipa abbiamo varcato la frontiera e ci siamo recati nella Bolivia centrale, per l'esattezza ad Oruro, il capoluogo dell'Altopiano boliviano. Abbiamo quindi lasciato il Perù dopo sole tre settimane dal nostro arrivo, ma lo ritroveremo in seguito.
Il motivo per cui abbiamo deciso di affrettarci ad arrivare in Bolivia è stato, naturalmente, il Carnevale di Oruro, secondo al mondo per sfarzo e afflusso di turisti (dopo quello di Rio de Janeiro).

Questa festa, che si celebra ogni anno dal 1789, onora la Virgen del Socavon - ossia la Vergine della Caverna - che i conquistatori spagnoli imposero come culto popolare sradicando le antiche credenze pagane. In particolare, l'attuale culto della Vergine sembra aver sostituito in tutto e per tutto il culto del Diavolo - o Tìo, zio - Wari, che popola anch'egli le caverne e le mine ed è tuttora venerato dai minatori che estraggono argento e altri metalli dalle viscere delle montagne nella regione di Potosì.

Quale che siano le origini e le motivazioni religiose della festa, comunque, il Carnevale costituisce per i boliviani un'occasione ineludibile per fare baldoria. Ben 48 gruppi folklorici - per un totale di ballerini e ballerine che oscilla tra i 2000 e i 10000 secondo gli anni - sfilano ininterrottamente per le strade della città durante tre giorni interi, dando vita a un ineguagliabile spettacolo di maschere e danze.

'Diablada' at the Carnival of Oruro- click  on the picture to see the entire photogallery

I balli e i costumi, infatti, fanno mostra del singolare sincretismo culturale e religioso boliviano. Da tutto lo Stato accorrono ballerini che mettono in scena un particolare momento storico vissuto dal Paese andino o dei personaggi che hanno segnato il governo e le tradizioni.
Tra le tante danze colorate che ci hanno colpito, alcune meritano una menzione speciale.

La Diablada, ad esempio, rappresenta lo scontro tra le forze del Male e quelle del Bene. Anticamente pare che i ballerini che la eseguivano fossero nutriti e trattati come re fino alla notte precedente l'inizio delle danze, quando copulavano con una vergine ed si lanciavano quindi in una danza sfrenata di tre giorni che si concludeva con la loro morte.
Oggi, la coreografia è formata da una maschera di Lucifero attorniata dai Sette Vizi Capitali che inscenano una danza intorno all'arcangelo Michele. Il contrasto tra i colori vividi dei diavoli e il bianco candido dell'angelo e tra i movimenti animaleschi delle forze infernali e quelli decisi e implacabili dell'angelo sono uno tra i tratti più tipici del Carnevale di Oruro.

Altro ballo tipico è la Morenada, che richiama la condizione di schiavitù vissuta per quasi cinquecento anni dai lavoratori negri trapiantati dall'Africa nelle mine di Bolivia. La coreografia è formata da diverse maschere di schiavi che ballano intorno a un Caporal, o guardiano anch'esso nero, mimando l'azione di ubriacarlo per poter in seguito scappare.

Infine, il Tinku è la danza con cui i campesinos sdrammatizzano il secolare rituale guerriero della lotta cerimoniale tra comunità agricole. La parola tinku, infatti, significa 'lotta' in aymara, e come si vede da queste immagini i contadini (e le contadine!) si affrontano una volta l'anno in cruenti scontri che, complice il tasso alcolico presente nel sangue dei contendenti, possono causare gravi ferite o persino la morte. Una tale eventualità è accettata con filosofia dai campesinos, che vi leggono un'offerta alla Pachamama e persino un segno di buona ventura!
Ad ogni modo, la danza Tinku è del tutto inoffensiva, e della lotta rituale ha solo la gestualità. I ballerini sfilano infatti con i caratteristici movimenti delle braccia protese in avanti, come a voler prendere a pugni un immaginario avversario.

Ma Oruro per noi non è stato solo la magnifica, estenuante tre-giorni di Carnevale. Nella nostra memoria resteranno anche e soprattutto i momenti condivisi con gli altri couchsurfers, tra i quali abbiamo incontrato delle persone davvero speciali.

Couchsurfers' assembly at the Colegio Americano - click on the picture to see the entire photogallery

Durante la settimana passata in città, infatti, siamo stati alloggiati con altri 25 ragazzi in una scuola, predisposta allo scopo dal nostro infaticabile e solare ospite Juan Carlos. Tutto è stato fantastico. Juan Carlos si è rivelato un anfitrione colto, poliglotta, generoso, sinceramente preoccupato che noi tutti approfittassimo al massimo di quest'esperienza unica che ci stava offrendo.
Con lui, altri viaggiatori hanno marcato la nostra memoria e la nostra immaginazione. 
Affonso, brasiliano atipico, ciclista timido che percorre le Americhe da anni, amante di Caetano Veloso e Eduardo Galeano, artista che non (si) espone e anima sincera che in poco tempo ha scalato i ranghi nella nostra conoscenza fino a diventare amico vero.
Célestin, fiammingo idealista che non si sposta mai in aereo, sorriso grande che valica ogni difficoltà, polistrumentista con la musica nell'anima, un cuore nomade e un ottimismo più forte di qualsiasi contrattempo.
E poi Miguel, Claudia, Dennis, tanti ragazzi con un cuore grande come il loro intelletto, con il quale abbiamo scambiato risa, sigarette, spruzzate di spuma da barba, storie - in uno spagnolo sgangherato - e momenti vari di spensieratezza e felicità.

People celebrating the 'Alba' (= Dawn) close to the statue of the Virgen del Socavon - click on the picture to see the entire photogallery

Tuttavia, racconteremmo una storia incompleta se ci fermassimo qui con il racconto. Oruro per noi è stato infatti più che i seggiolini scomodi da cui abbiamo assistito alla sfilata delle maschere e l'atmosfera sognante e ovattata che si respirava nella scuola. Oruro è stato anche camminare per le strade in piena notte ed immergersi in quell'aria tutta boliviana pregna di alcool, disordine, sporcizia, eccitazione, povertà, generosità e pericolo
Abbiamo fatto festa fino a tarda notte abbracciati a sconosciuti che ci offrivano da bere, mentre accanto a noi altri sconosciuti vuotavano le tasche dei nostri compagni couchsurfers. Camminando nel buio delle strade abbiamo visto gente in stato d'incoscienza coperta di sangue prodotto da risse o da cadute ubriache, e nello stesso tempo ci siamo commossi nel vedere persone assorte in preghiera alle prime luci del mattino ai piedi della statua della Vergine del Socavon. 

Questa mescolanza di sogno, cruda realtà, violenza ed estrema gentilezza, condivisione del poco che si ha e avidità per il molto che si invidia ci è sembrato il tratto più autentico dei giorni e delle notti trascorse sulle strade di Oruro. Tanta tensione, tanta allegria, tanto casino fino all'atto finale, la festa dell'Alba che l'ultimo giorno interrava il Carnevale e salutava l'apparire del Sole... un'altra esperienza unica nei nostri occhi e nella pellicola delle nostre macchine fotografiche!