Da Arequipa abbiamo varcato la frontiera e ci siamo recati nella Bolivia centrale, per l'esattezza ad Oruro, il capoluogo dell'Altopiano boliviano. Abbiamo quindi lasciato il Perù dopo sole tre settimane dal nostro arrivo, ma lo ritroveremo in seguito.
Il motivo per cui abbiamo deciso di affrettarci ad arrivare in Bolivia è stato, naturalmente, il Carnevale di Oruro, secondo al mondo per sfarzo e afflusso di turisti (dopo quello di Rio de Janeiro).
Questa festa, che si celebra ogni anno dal 1789, onora la Virgen del Socavon - ossia la Vergine della Caverna - che i conquistatori spagnoli imposero come culto popolare sradicando le antiche credenze pagane. In particolare, l'attuale culto della Vergine sembra aver sostituito in tutto e per tutto il culto del Diavolo - o Tìo, zio - Wari, che popola anch'egli le caverne e le mine ed è tuttora venerato dai minatori che estraggono argento e altri metalli dalle viscere delle montagne nella regione di Potosì.
Quale che siano le origini e le motivazioni religiose della festa, comunque, il Carnevale costituisce per i boliviani un'occasione ineludibile per fare baldoria. Ben 48 gruppi folklorici - per un totale di ballerini e ballerine che oscilla tra i 2000 e i 10000 secondo gli anni - sfilano ininterrottamente per le strade della città durante tre giorni interi, dando vita a un ineguagliabile spettacolo di maschere e danze.
'Diablada' at the Carnival of Oruro- click on the picture to see the entire photogallery |
I balli e i costumi, infatti, fanno mostra del singolare sincretismo culturale e religioso boliviano. Da tutto lo Stato accorrono ballerini che mettono in scena un particolare momento storico vissuto dal Paese andino o dei personaggi che hanno segnato il governo e le tradizioni.
Tra le tante danze colorate che ci hanno colpito, alcune meritano una menzione speciale.
La Diablada, ad esempio, rappresenta lo scontro tra le forze del Male e quelle del Bene. Anticamente pare che i ballerini che la eseguivano fossero nutriti e trattati come re fino alla notte precedente l'inizio delle danze, quando copulavano con una vergine ed si lanciavano quindi in una danza sfrenata di tre giorni che si concludeva con la loro morte.
Oggi, la coreografia è formata da una maschera di Lucifero attorniata dai Sette Vizi Capitali che inscenano una danza intorno all'arcangelo Michele. Il contrasto tra i colori vividi dei diavoli e il bianco candido dell'angelo e tra i movimenti animaleschi delle forze infernali e quelli decisi e implacabili dell'angelo sono uno tra i tratti più tipici del Carnevale di Oruro.
Altro ballo tipico è la Morenada, che richiama la condizione di schiavitù vissuta per quasi cinquecento anni dai lavoratori negri trapiantati dall'Africa nelle mine di Bolivia. La coreografia è formata da diverse maschere di schiavi che ballano intorno a un Caporal, o guardiano anch'esso nero, mimando l'azione di ubriacarlo per poter in seguito scappare.
Infine, il Tinku è la danza con cui i campesinos sdrammatizzano il secolare rituale guerriero della lotta cerimoniale tra comunità agricole. La parola tinku, infatti, significa 'lotta' in aymara, e come si vede da queste immagini i contadini (e le contadine!) si affrontano una volta l'anno in cruenti scontri che, complice il tasso alcolico presente nel sangue dei contendenti, possono causare gravi ferite o persino la morte. Una tale eventualità è accettata con filosofia dai campesinos, che vi leggono un'offerta alla Pachamama e persino un segno di buona ventura!
Ad ogni modo, la danza Tinku è del tutto inoffensiva, e della lotta rituale ha solo la gestualità. I ballerini sfilano infatti con i caratteristici movimenti delle braccia protese in avanti, come a voler prendere a pugni un immaginario avversario.
Ma Oruro per noi non è stato solo la magnifica, estenuante tre-giorni di Carnevale. Nella nostra memoria resteranno anche e soprattutto i momenti condivisi con gli altri couchsurfers, tra i quali abbiamo incontrato delle persone davvero speciali.
Altro ballo tipico è la Morenada, che richiama la condizione di schiavitù vissuta per quasi cinquecento anni dai lavoratori negri trapiantati dall'Africa nelle mine di Bolivia. La coreografia è formata da diverse maschere di schiavi che ballano intorno a un Caporal, o guardiano anch'esso nero, mimando l'azione di ubriacarlo per poter in seguito scappare.
Infine, il Tinku è la danza con cui i campesinos sdrammatizzano il secolare rituale guerriero della lotta cerimoniale tra comunità agricole. La parola tinku, infatti, significa 'lotta' in aymara, e come si vede da queste immagini i contadini (e le contadine!) si affrontano una volta l'anno in cruenti scontri che, complice il tasso alcolico presente nel sangue dei contendenti, possono causare gravi ferite o persino la morte. Una tale eventualità è accettata con filosofia dai campesinos, che vi leggono un'offerta alla Pachamama e persino un segno di buona ventura!
Ad ogni modo, la danza Tinku è del tutto inoffensiva, e della lotta rituale ha solo la gestualità. I ballerini sfilano infatti con i caratteristici movimenti delle braccia protese in avanti, come a voler prendere a pugni un immaginario avversario.
Ma Oruro per noi non è stato solo la magnifica, estenuante tre-giorni di Carnevale. Nella nostra memoria resteranno anche e soprattutto i momenti condivisi con gli altri couchsurfers, tra i quali abbiamo incontrato delle persone davvero speciali.
Couchsurfers' assembly at the Colegio Americano - click on the picture to see the entire photogallery |
Durante la settimana passata in città, infatti, siamo stati alloggiati con altri 25 ragazzi in una scuola, predisposta allo scopo dal nostro infaticabile e solare ospite Juan Carlos. Tutto è stato fantastico. Juan Carlos si è rivelato un anfitrione colto, poliglotta, generoso, sinceramente preoccupato che noi tutti approfittassimo al massimo di quest'esperienza unica che ci stava offrendo.
Con lui, altri viaggiatori hanno marcato la nostra memoria e la nostra immaginazione.
Affonso, brasiliano atipico, ciclista timido che percorre le Americhe da anni, amante di Caetano Veloso e Eduardo Galeano, artista che non (si) espone e anima sincera che in poco tempo ha scalato i ranghi nella nostra conoscenza fino a diventare amico vero.
Célestin, fiammingo idealista che non si sposta mai in aereo, sorriso grande che valica ogni difficoltà, polistrumentista con la musica nell'anima, un cuore nomade e un ottimismo più forte di qualsiasi contrattempo.
E poi Miguel, Claudia, Dennis, tanti ragazzi con un cuore grande come il loro intelletto, con il quale abbiamo scambiato risa, sigarette, spruzzate di spuma da barba, storie - in uno spagnolo sgangherato - e momenti vari di spensieratezza e felicità.
People celebrating the 'Alba' (= Dawn) close to the statue of the Virgen del Socavon - click on the picture to see the entire photogallery |
Tuttavia, racconteremmo una storia incompleta se ci fermassimo qui con il racconto. Oruro per noi è stato infatti più che i seggiolini scomodi da cui abbiamo assistito alla sfilata delle maschere e l'atmosfera sognante e ovattata che si respirava nella scuola. Oruro è stato anche camminare per le strade in piena notte ed immergersi in quell'aria tutta boliviana pregna di alcool, disordine, sporcizia, eccitazione, povertà, generosità e pericolo.
Abbiamo fatto festa fino a tarda notte abbracciati a sconosciuti che ci offrivano da bere, mentre accanto a noi altri sconosciuti vuotavano le tasche dei nostri compagni couchsurfers. Camminando nel buio delle strade abbiamo visto gente in stato d'incoscienza coperta di sangue prodotto da risse o da cadute ubriache, e nello stesso tempo ci siamo commossi nel vedere persone assorte in preghiera alle prime luci del mattino ai piedi della statua della Vergine del Socavon.
Questa mescolanza di sogno, cruda realtà, violenza ed estrema gentilezza, condivisione del poco che si ha e avidità per il molto che si invidia ci è sembrato il tratto più autentico dei giorni e delle notti trascorse sulle strade di Oruro. Tanta tensione, tanta allegria, tanto casino fino all'atto finale, la festa dell'Alba che l'ultimo giorno interrava il Carnevale e salutava l'apparire del Sole... un'altra esperienza unica nei nostri occhi e nella pellicola delle nostre macchine fotografiche!
Grazie per averci dato una descrizione così appassionata e intima del carnevale ,e non solo, di Oruro! Sono davvero commossa e vi invidioooo per queste esperienze meravigliose che state vivendo!
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