Dalla città di Cochabamba abbiamo deciso di spostarci nuovamente verso sud per andare a visitare il Parco Nazionale di Torotoro, che si trova nella parte settentrionale del distretto di Potosi - dove eravamo già stati.
Con un viaggio di 6 ore su strade molto malmesse e burroni mozzafiato giungiamo quindi al minuscolo villaggio di Torotoro, che ci accoglie con un singolare scenario. Sulla piazzetta principale non svetta infatti come d'abitudine una chiesa coloniale, ma bensì un kitchissimo modello a grandezza naturale di un Carnosauro infuriato.
Il Parque de Torotoro si propone infatti come un'area protetta dove il tempo si è fermato più di 200 milioni di anni fa. Oltre alla straordinaria ricchezza di piante e animali scomparsi altrove, sono le tracce di numerosi tra i dinosauri che dominavano la Terra a quell'epoca che rendono quest'area una perla unica e pressoché sconosciuta al mondo. Nei due giorni (e tre notti) che abbiamo passato nel parco abbiamo avuto la fortuna di visitare dei paesaggi naturali incredibili e di farci un'idea su com'era la vita nel mondo milioni di anni prima che l'uomo vi mettesse piede - ovvero 65 milioni di anni fa.
In compagnia di Carmel, un simpatico ragazzo israeliano che si è rivelato una vera miniera di informazioni sui dinosauri, abbiamo compiuto due splendide escursioni di una giornata sempre a partire dal piccolo villaggio di Torotoro. La prima è stata principalmente incentrata sulla ricerca e l'interpretazione delle orme di dinosauri sparse in varie zone del parco. Sinceramente, per noi che siamo stati svezzati da Piedino e la Ricerca della Valle Incantata (Le petit dinosaure et la vallée des merveilles) e poi siamo cresciuti nel mito di Jurassic Park quest'è esperienza è stata indimenticabile !
Le orme si sono conservate attraverso i millenni perché la zona dove sorge oggi il Parco di Torotoro era in passato un'area paludosa, dove i maestosi rettili lasciavano delle impronte che poi si solidificavano nel fango conservando le tracce del passaggio degli animali. Successivamente, i cambiamenti climatici hanno trasformato il fango in calcare grigio che ha permesso la solidificazione delle orme e la sua conservazione fino ai giorni nostri.
Velociraptor footprint at Parque Nacional de Torotoro - click on the picture to see the entire photogallrey |
Ci che ci ha colpito in particolare, oltre allo straordinario stato di preservazione delle impronte, è stata la vivida immagine dell'ecosistema dei dinosauri che ha preso forma nelle nostre teste durante la visita. I film holliwoodiani rappresentano spesso i dinosauri carnivori come dei mostri terrorizzanti e solitari i cui unici contatti con altri animali avvenivano nei momenti di caccia, quando tendevano dei veri e propri agguati alle loro vittime. La verità è molto più simile a ciò che accade nelle savane odierne, dove leoni e gazzelle si trovano spesso a bere gli uni di fronte agli altri senza grossi problemi, e dove i predatori sono temuti solo quando si trovano alla ricerca disperata di cibo. Così noi stessi abbiamo potuto constatare la presenza di branchi di velociraptor, distinguibili dalle impronte che mostrano due dita più un artiglio ricurvo, a pochi metri da quelli di grossi dinosauri erbivori, riconoscibili dalle impronte molto distanziate tra loro e molto profonde nel suolo.
Per concludere la camminata naturalistica siamo andati a visitare il canyon di Huacasenqua, profondo circa 150m. Una volta scesi fino al rio Torotoro, ci siamo ritrovati in uno scenario meraviglioso, dove alcune pietre piatte ci hanno permesso di smettere gli abiti da trekking e metterci a prendere il sole in costume. In più, numerose piccole cascate punteggiavano le pareti del canyon scaraventando l'acqua sul fondo del canyon e creando dei meravigliosi giochi di luci grazie ai riflessi del sole, della vegetazione e della pietra sull'acqua.. un verso Paradiso terrestre!
La seconda escursione ci ha portato invece fin dentro le viscere della terra, nella grotta di Umalajanta. Per raggiungere la caverna abbiamo attraversato una grande porzione del Parco senza incontrare pressoché nessun altro individuo, eccezion fatta per qualche campesina che portava gli animali al pascolo.
La grotta è la più profonda di Bolivia, con i suoi 4600m di profondità, e costituisce una vera e propria sfida per chi decide di avverturarvisi. Infatti gli scavi, cominciati nel 1956, hanno reso l'accesso possibile ma non certo agevole ai visitatori. Oltre all'obbligo di indossare casco e lampada a metano, infatti, al visitante è richiesto uno sforzo fisico abbastanza estremo. Per entrare bisogna infatti letteralmente strisciare sotto le mura della caverna, in condizioni di spazio ridottissimo e ossigeno limitato. Non è certo un'esperienza adatta ai claustrofobici o ai turisti sovrappeso!
Lo sforzo richiesto per entrare nella grotta è stato però ampiamente ripagato dalla bellezza del paesaggio all'interno. Stalattiti, stalagmiti, ruscelli d'acqua verde e blu e pipistrelli ciechi ci hanno fatto scordare il panorama andino che ci attendeva all'esterno e proiettato per qualche ora in una dimensione umida e misteriosa.
Dopo un'ultima notte spesa nel paesino di Torotoro con Carmel, siamo ritornati a Cochabamba dove abbiamo detto infine arrivederci al nostro caro amico e ospite Fernando, e abbiamo preso un autobus notturno a lunga percorrenza con direzione La Paz, il cuore innevato di Bolivia.
Nessun commento:
Posta un commento