Lasciata La Paz, pensavamo di raggiungere direttamente l'ultima grande tappa del nostro meraviglioso soggiorno in Bolivia, il lago Titicaca. E invece, per quei meravigliosi cambiamenti repentini di programma e d'orizzonte che costellano ogni viaggio in cerca di fortuna come quello che abbiamo intrapreso noi, sul nostro cammino si è imbattuto Milton, un altro dei grandi personaggi della nostra avventura, e ogni piano studiato a tavolino è andato a farsi benedire.
Questo ragazzo boliviano dal nome profetico e dal sorriso disarmante sembra sentire dentro di sé una spinta continua alla ricerca del Paradiso Perduto, che nella sua speciale declinazione è il ventre rilucente e sconosciuto di Bolivia. In settimana è attivista civile e sviluppatore di progetti presso una ONG di La Paz. Il venerdi' sera, torna al suo sperduto paesino natio e parte in esplorazione dei monti e delle distese dove quasi nessuno ha messo piede mai. Ci siamo lasciati convincere dalle sue parole e dal suo entusiasmo a rendergli visita durante una delle sue trasferte ad Achacachi, il villaggio dove abita la sua famiglia, ed é stata una scelta che non smetteremo mai di benedire.
Per dare un’idea di che tipo di posto fosse questo minusco villagigo della Bolivia nord-occidentale, basterà citare il primo pomeriggio che abbiamo trascorso con Milton. Arrivati di mattina presto con un minivan da La Paz, abbiamo chiesto al nostro amico di fare una ‘passeggiata’ nei dintorni per approfittare un po’ della bella giornata. Così Milton si è dotato di due minuscoli ami ricurvi e ci ha portato in piena campagna, dove abbiamo camminato fino ad imbatterci in un piccolo lago. Nel laghetto c'erano delle grosse trote sguazzanti, e l’amo serviva per pescarle; a quanto pare però Milton, come e più di Tommi, non sapeva nulla di pesca alle trote, così la nostra comitiva ha dovuto appoggiarsi una volta di più alla sagacia di Angie per tornare a casa vittoriosi. In effetti, mentre Milton fantasticava di svuotare il laghetto con una bomba all'ossigeno che ci avrebbe permesso di raccogliere in tutta comodità i pesci spiaggiati sul fondo (!!!) e Tommaso aveva rinunciato, dopo una serie di patetici tentativi infruttuosi, alla possibilità di pescare alcunché al di fuori di vecchie suole di scarpa, Angelina si é prodigata nel creare un lungo filo da attaccare all'amo con i suoi lacci delle scarpe, e magicamente ha cominciato a estrarre pescioni giganteschi dall'acqua... Cielo, grazie tante per le Donne!
Still-in-life with mighty glacier, sorrounding of Achacachi - click on the picture to see the entire photogallery |
Tornati ad Achacachi siamo finalmente arrivati a casa di Milton. Suo padre gestisce una sorta di complesso polifunzionale che comprende un piccolo alimentari, dei biliardini, due o tre sale per giocare a pallavolo e… alcune saune!
Eppure Milton ci ha spiegato come lui sconti amaramente questa condizione di relativa agiatezza dipingendoci un quadro familiare a dir poco desolante. Questo blog non è il luogo adatto per analisi approfondite sui legami tra colonizzazione militare e culturale e attitudine degli ex popoli schiavi al consumismo omologato. Ci limiteremo dunque a descrivervi quello che il nostro amico ci ha raccontato. I suoi sono entrambi commercianti. Il padre gestisce, per l'appunto, la struttura ricreativa dov'è stata ricavata anche la casa di famiglia. La madre invece vende pesce fritto al mercato. A quanto pare lavorano sempre, sempre, sempre. Durante la permanenza a casa loro li abbiamo incrociati a stento, poiché si alzavano all'alba - la madre per avviarsi al mercato, il padre per accogliere i lavoratori che si concedevano una doccia prima di andare al lavoro - ed andavano a letto prestissimo. Milton ci ha raccontato la scena tristissima del weekend tipo passato 'in famiglia' ad Achacachi, con lui che cerca di ritagliare dei piccoli momenti collettivi di condivisione e discussione e i parenti che svicolano o protestano, quasi non fossero più abituati alle interazioni umane fuori dal lavoro. Persino a Natale, il risultato massimo che il nostro amico possa ottenere è quello di cucinare tutto solo un pasto pressoché ordinario, che la famiglia consuma sbrigativamente insieme prima di tornare, un'ora dopo, alle proprie occupazioni mercantili.
La storia che ci ha raccontato Milton ci ha messo parecchia tristezza, specie pensando a quante volte, a casa nostra, sono i genitori a cercarci e quelli a divincolarsi siamo proprio noi. Ad ogni modo è stato il nostro amico stesso a spezzare il clima di malinconia con uno dei suoi grandi sorrisi sdentati. Non è uomo da lasciarsi abbattere lui, anzi sembra provare un'incrollabile fede negli esseri umani che lascia stupefatti e ammirati anche noi.
Così, mentre le trote arrostivano sul fuoco e noi ci producevamo nella preparazione della solita pasta di ringraziamento - il miglior biglietto da visita in Sudamerica! - il nostro amico ci faceva ascoltare tutta la musica francese ed italiana che possedeva, come tributo a noi e simbolo della sua generosa ospitalità. Piu' tardi, durante la straordinaria sauna che ci siamo goduti in quel luogo a dir poco strampalato, Milton ci ha raccontato dei suoi progetti e di come sogna di creare una sua ONG indipendente per dare una mano ai ragazzi poveri di La Paz e favorire il loro accesso all'istruzione. Ci ha anche raccontato la storia toccante, orribile, dolcissima del ragazzo-garzone che aiuta la famiglia di Milton nelle faccende domestiche, e che noi abbiamo avuto l'occasione di incontrare piu' volte durante il nostro soggiorno ad Achacachi.
Timidissimo, occhi intelligenti che pero' si levavano raramente da terra, questo ragazzo non sa dov'é nato, perché quand'era ancora un bimbo fu rapito da una sorta di 'bracconiere di esseri umani' che lo porto' nell'Amazzonia boliviana per farlo lavorare come schiavo. Una vita intera passata da oppresso, senza un salario, trattato come un cane. A un certo punto la fuga con mezzi di fortuna, via dalla Selva umida e impenetrabile verso la luce dell'Altiplano, l'acqua chiara del Titicaca, i contorni sicuri e decisi delle Ande. Il ragazzo é arrivato qualche anno fa ad Achacachi, aveva circa 16 anni, non parlava una parola di quechua o aymara - solo dialetti indigeni della Selva, spagnolo nemmeno a parlarne - ed era vestito di stracci. La famiglia di Milton l'ha accolto in casa.. non proprio come un figlio eh, ma insomma gli ha dato un tetto e dei vestiti e la possibilità di cambiare vita. Adesso il ragazzo, circa vent'anni e una dignità personale ancora da costruire e riconquistare, ci guarda di sottecchi e capiamo benissimo che vorrebbe farci mille domande, carpire i nostri segreti, comprendere com'é fatta un'altra porzione di mondo, una qualsiasi, diversa dalla gabbia esistenziale in cui é cresciuto lui. Ora corre via e torna con un diploma di scuola, il prossimo anno comincerà il liceo e ci guarda con quello sguardo orgoglioso e triste di un veterano che mostra le sue ferite di guerra. La famiglia di Milton non ha voluto che gli scattassimo delle fotografie, e Il suo nome é già svanito nella memoria, ma il viso di questo ragazzo e le poche parole scambiate ci resteranno nel cuore.
Il giorno dopo il nostro amico ci porta a fare due visite pazzesche. La mattina é domenica e andiamo a visitare il mercato cittadino. Milton ci tiene molto a impressionarci positivamente e lasciarci un bel ricordo di Achacachi. A quanto pare, recentemente la cittadina é stata teatro di un fatto di sangue piuttosto agghiacciante: durante una festa cittadina che aveva riversato per le strade tutti gli abitanti, dei ladri venuti da fuori si erano introdotti nelle abitazioni della gente e avevano rubato gioielli e altri piccoli averi. Qualcuno li aveva scoperti in flagrante, la cittadinanza era stata chiamata a raccolta, l'alcool aveva eccitato gli spiriti e due persone erano state bruciate a morte nello stadio della cittadina. Da allora la cittadina é diventata uno dei buchi neri di Bolivia, uno di quei posti additati da stampa e boliviani stessi come luoghi da evitare, quando invece riflessioni più serie e meno sensazionalistiche avrebbero dovuto essere fatte sul sentimento di abbandono che i cittadini della provincia sentono nei confronti delle autorità, che non li tutela da lestofanti e prepotenti.
The World-known Sunday Market in Achacachi... ehm, whatever - click on the picture to see the entire photogallery |
Ad ogni modo, se lo scopo di Milton era quello di riabilitare la sua cittadina d'origine agli occhi del mondo facendoci passare un bel weekend..beh, ci é perfettamente riuscito!!
Nel pomeriggio, quel pazzo di Milton ci ha portato a fare un'escursione che si é rivelata essere splendida, ma che se avessimo fatto senza il nostro amico come guida ci sarebbe piuttosto sembrata spaventosa; specialmente per come si é conclusa!
L'avventura comincia con un taxi che ci lascia nelle vicinanza del maestoso cerro Kakañapi (4300 bianchi metri di altezza) che contempliamo dal basso per un buon quarto d'ora. Poi iniziamo ad addentrarci nella campagna, circondati solo da vacche, piantagioni di quinoa e agricoltori forgiati nel freddo sudore andino. Mano a mano la strada sale, e ci rendiamo conto che Milton ci vuole far scalare una montagna che, se non é alta come quella che avevamo ammirato all'arrivo, costituisce comunque un'impresa non da poco. Mentre ci avventuriamo verso l'alto passiamo per un paesino aggrappato alla roccia, dove la gente é in festa. Il nostro amico ci spiega che la gente del posto forma un Ayllu, una comunità cittadina basata su vincoli familiari allargati, dove terreni e mezzi di produzioni sono messi in comune. Facciamo appena in tempo a dire a Milton che conosciamo bene il concetto di ayllu, e che il nostro blog si chiama cosi' proprio perché si tratta di un esperimento sociale che ci interessa enormemente, che lui ci grida di affrettarci perché la notte cala in fretta sulle Ande, e ritrovarsi di notte in cima alla montagna sarebbe no tanto divertido, non molto simpatico!
Cosi' continuamo la marcia, con la montagna che si fa poco a poco più silente e scura. Arriviamo in cima che é comunque già buio pesto e fa un freddo da pazzi, ma la vera cosa pazzesca che ci si para davanti é il paesaggio all'orizzone. Milton ci ha condotti attraverso le montagne fino al limite occidentale del lago Titicaca, che si staglia immenso e velato di nubi sotto di noi. Giu' a valle c'é ancora la luce, e ci godiamo qualche minuto di pace estatica e contemplativa di questo mondo d'acqua e di vento che giace a quattromila metri d'altezza tra Bolivia ed Ecuador. E' meravigliso ed effimero, e poco dopo veniamo riportati alla realtà dalle tenebre che non ci permettono più di vedere né il lago né, più modestamente, le punte delle scarpe davanti a noi.
These sheeps are made for walking, Kakañapi, Bolivia - click on the picture to see the entire photogallery |
Cominciamo a preoccuparci, per fortuna Milton é con noi, e da montanaro consumato com'é ci guida nel nulla con sicurezza. Noi stentiamo un po', la discesa é lunga e un paio di volte rischiamo di finire in dei crepacci, o almeno di mettere i piedi in zone sconnesse del territorio e di rovinare il viaggio spaccandoci le caviglie. Tutto fila via incredibilmente liscio e siamo ormai in dirittura d'arrivo quando anche Milton sembra perdere il senso del'orientamento. Vaghiamo raminghi per dei minuti che ci paiono lunghissimi, le mani di Angie ormai dure come bastoncini di merluzzo congelati, lo sguardo preoccupato di Milton come il peggior spauracchio per un Tommaso intimorito. Ed infatti, ovviamente, ecco materializzarsi l'imprevisto più prevedibile: durante la discesa entriamo inopinatamente in quella che scopriamo subito essere la proprietà privata di una campesina assai battagliera. La signora esce dalla sua capanna armata di bastone, incurante del freddo e delle tenebre che avvolgono ogni cosa, e ci rivolge quelle che ci sembrano essere delle espressioni poco lusinghiere in quechua. Milton pare preoccupato, quindi capiamo che in effetti la signora ci ha preso per dei ladri o dei banditi bramosi di deturpare la sua proprietà. Sono momenti paradossali: il gelo ustionante sulla faccia, il bastone agitato dalle mani secolari della contadina, lo scambio di battute nella lingua perduta degli Inca, per ultimo anche il cane di casa che esce ringhiando dalla propria cuccia. Sembra un film di Buñuel, e non sappiamo proprio quale altro colpo di scena aspettarci. L'eco della sinistra fama di Achacachi si riaffaccia alle nostre orecchie, non ci resta che sperare che la campesina non decida di ergersi a giustiziera della notte e ottenere soddisfazione sommaria all'offesa ricevuta. Fatto sta che a un certo punto Milton e la signora trovano una qualche salvifica intesa verbale, e al prezzo di ampi cenni di scuse e salamelecchi veniamo lasciati liberi di proseguire. Inutile dire che bruciamo la terra sterrata che ci manca fino a raggiungere nuovamente il piccolo villaggio di Japuraya dal quale eravamo partiti, e nella notte ormai profonda ci accaparriamo un taxi e facciamo ritorno a casa di Milton.
Che avventura, che paesaggi, che freddo.. e che fifa! Eppure siamo ancora qui, a sfregarci le mani sul fuoco per accertarci che funzionino ancora e a guardarci silenzioni negli occhi per dirci quanto siamo felici di vivere così il nostro viaggio.